Capo branco: mito superato o guida consapevole?

Quante volte abbiamo sentito frasi come:
• “Devi essere il capo branco per il tuo cane.”
• “Non ti ascolta perché non ti riconosce come alpha.”
Queste affermazioni, ancora oggi molto diffuse, nascono da vecchie teorie sull’origine dei comportamenti sociali nei cani, basate su un’errata interpretazione delle dinamiche tra lupi in cattività. Oggi, però, alla luce di solide evidenze scientifiche, possiamo finalmente liberarci da questi falsi miti e costruire con i nostri cani relazioni più autentiche, serene e rispettose.
Da dove nasce il concetto di “capo branco”?
L’idea del “capo branco dominante” affonda le radici negli studi degli anni ’40 su lupi in cattività, osservati in condizioni innaturali e altamente stressanti. In quegli ambienti artificiali – con risorse limitate e individui spesso incompatibili costretti a convivere – non sorprende che si manifestassero conflitti e lotte per la supremazia (Schenkel 1947; Fox 1971b; Zimen 1975; Mech 1966; Haber 1977, tra gli altri). Da queste osservazioni nacque il concetto di “lupo alfa”, una figura autoritaria e dominante.
Ciò che mancava in quelle analisi erano due elementi fondamentali: primo, che le condizioni di cattività non riflettono le dinamiche naturali; secondo, che i cani non sono lupi.
A partire dagli anni ’90, etologi come David Mech hanno completamente rivisto queste teorie. In uno studio pubblicato nel Canadian Journal of Zoology (1999), Mech ha dimostrato che i branchi di lupi in natura sono in realtà unità familiari cooperative, guidate da una coppia genitoriale esperta, non da un “capo” dominante. Ha quindi sostituito i termini “alfa” o “dominante” con “coppia riproduttrice” (Mech 2008), evidenziando comportamenti altruistici e collaborativi: i genitori, ad esempio, spesso nutrono prima i cuccioli o i membri più giovani del branco.
E i cani? Anche loro, se lasciati liberi di organizzarsi in gruppi sociali – come documentato dal professor Raymond Coppinger studiando i “village dogs” a Pemba, in Kenya, Tanzania e Sud America – mostrano strutture sociali flessibili, non gerarchiche, basate sulla cooperazione e sulla gestione autonoma delle risorse. Non cercano padroni o “capi”, ma relazioni equilibrate.
Cosa significa oggi “essere il leader” per il nostro cane?
Essere un buon riferimento per il cane non significa imporsi, ma ispirare fiducia. Il vero leader – o meglio ancora Base Sicura – non ha bisogno di dominare né di incutere paura. È una figura stabile, coerente, empatica, che protegge, guida con l’esempio e lascia spazio all’espressione individuale.
Un cane che riconosce nella persona una guida affidabile sarà naturalmente portato a collaborare, cercare supporto nei momenti di incertezza e rispettare le regole condivise. Non per sottomissione, ma per alleanza.
E nella vita quotidiana?
Nel contesto domestico, possiamo diventare leader agli occhi del nostro cane solo costruendo una relazione basata su:
• Routine e regole chiare, condivise e costanti;
• Coerenza nei messaggi e nelle risposte;
• Soddisfazione dei bisogni etologici: socialità, attività fisica e mentale, riposo, esplorazione;
• Riconoscimento del ruolo sociale del cane all’interno del gruppo famiglia.
Essere leader non vuol dire “comandare”, ma prendersi la responsabilità del benessere del gruppo, anticipare i problemi, affrontare le difficoltà e, soprattutto, essere quel porto sicuro in cui il cane sa di poter contare.
Ricordiamoci: un animale sottoposto a continui stress o a un regime coercitivo svilupperà alti livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Uno squilibrio prolungato può portare a variazioni fisiologiche e comportamentali significative, come confermato da numerosi studi endocrini. Lo stress, nella sua essenza, rappresenta una risposta fisiologica innata, progettata dalla natura per permettere agli organismi di affrontare minacce immediate attraverso la reazione di “lotta o fuga”. Questo meccanismo ancestrale, attivato dal rilascio di ormoni come adrenalina e cortisolo, prepara il corpo all’azione.
Quando il cane si prende carico… e non dovrebbe
In famiglie dove manca una guida chiara, alcuni cani si sentono investiti – loro malgrado – del compito di gestire e “tenere insieme” il gruppo. Lo fanno non per voglia di comando, ma per senso di responsabilità. Ma è un peso che spesso non sono in grado di sostenere, e che genera frustrazione, insicurezza, ipercontrollo.
Comportamenti come abbaio eccessivo, aggressività, iperattività o ansia da separazione possono derivare proprio da questo squilibrio relazionale. Pochi cani hanno davvero il temperamento adatto per ricoprire un ruolo di leadership; molti lo fanno solo perché percepiscono un vuoto, ma lo vivono con grande disagio. È come affidare a un bambino la gestione di una famiglia: si impegnerà, ma sarà costantemente sotto pressione.
Possiamo cambiare rotta?
Assolutamente sì. Se ci accorgiamo di aver commesso degli errori, non serve colpevolizzarsi: serve comprendersi, prendersi del tempo per osservare, ricalibrare la relazione e – se necessario – chiedere aiuto a un professionista.
I cani non ci chiedono perfezione, ma presenza, coerenza, chiarezza. Sono pronti a ripartire con noi ogni volta che decidiamo davvero di esserci.
Non serve essere “capi”. Serve esserci.
Gaia Morini
Istruttore Cinofilo Firenze